Zeugma n° 11


C'è un colore, in natura, che da sempre viene associato a una duplice metafora dalla polarità opposta: per un verde speranza (ancora una volta, non il ministro) o un semaforo verde che evoca lande di opportunità tutte da cogliere si rischia di diventare verdi dall'invidia, di finire corrosi da un'acrimonia verde bile e, rimuginando in solitaria un risentimento dietro l'altro, di concludere infine i propri giorni al verde. Verde è il colore per eccellenza del "soldo", quello che conta: il bigliettone sonante, non la monetina a fondo perduto. E a tal proposito: c'è una villa in cui il verde dollaro è impresso in ogni centimetro cubo, in maniera sfacciata ed impudente, classista ed arrogante. C'è una festa sontuosa organizzata in questa villa, una celebrazione in cui il gotha del potere occulto e dominante itera alla luce del sole il proprio privilegiato status quo. Questo finché, in un attimo di distrazione, un altro verde non comincia a zampillare, inaspettato, dalla rete idrica, seminando dubbi e panico tra gli astanti. Avevo fame e non mi avete dato da mangiare: avevo bisogno e non mi avete accolto. E perché mai, poi: per un rapporto lavorativo ultradecennale conclusosi da tempo, per una costosa operazione a cuore aperto in una clinica privata? C'è un elemento ricorrente in ogni rivolta ben riuscita: dev'essere orchestrata da qualcuno che possa fare il doppio gioco dall'interno. Un doppio gioco presuppone tuttavia una doppia morale, mentre qui la condotta è unica, osservata in controluce e in negativo. Acceca il verde, un colore che, per quanto sappiamo, non era nemmeno presente nella tavolozza lessicale cromatica dei poemi epici greci: eppure è Zeus che sfida il vorace padre Crono, lo disarciona dal trono solamente per assorbirne tutti i poteri e dare sfogo ad una condotta personale persino peggiore. Così il doppiogiochista, l'oppresso che opprime l'oppressore con le sue stesse armi, senza alcuna intenzione di emendare le storture che hanno in primo luogo contribuito a causare la situazione di partenza. C'è una festa che si tramuta in delirio tragico, in ottenebramento di massa: un'illusione sanguinosa che termina in maniera persino peggiore di com'era sorta. C'è anche il verde sulla bandiera del Messico, gonfalone agitato con tragicomica solennità come scenografia di morte per figure cristologiche e ladronesche, gettate alla rinfusa nel calderone di un'apocalisse che abbiamo già vissuto e che, nonostante le nostre speranze, non è mai stata il colpo di coda di un impero giunto alla fine dei suoi giorni.

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