Zeugma n° 7
C'è un mondo esistito prima di un altro mondo, forse fuori da quel mondo stesso, un mondo di jukebox all'idrogeno e caffè ristretti all'autogrill, di canzoni dimenticate di Gabriella Ferri e di impercettibili tensioni di coppia. Sì, a tal proposito: c'è ancora una coppia, ancora un uomo e una donna, un cacciatore e una raccoglitrice, anzi un raccoglitore e una cacciatrice, un bob e una frangetta, un promotore della specie ed un contenitore di volontà altrui che resiste all'ultima e più definitiva pianificazione (che fa rima con profanazione). C'è una discussione, l'ennesima, e poi un viaggio di andata, o forse di ritorno, un tragitto conosciuto a memoria ma inghiottito dal buio asettico di una galleria, di una stringa quantistica ai cui poli opposti si collocano universi fra loro incompatibili. In una delle versioni del suo famosissimo Impero delle luci Magritte dipinge la propria versione di una scala escheriana, di un triangolo di Penrose: una villetta usheriana, seminascosta da fronde ombrose di alti alberi ed illuminata a giorno da un solitario lampione che si riflette in uno specchio d'acqua immota, mentre alle spalle della casa un azzurro cielo primaverile annulla i confini tra giorno e notte, tra stagioni del risveglio e del letargo, tra silenzi gravidi di minaccia e terse contemplazioni. C'è un mondo aldilà della galleria che è come il mondo aldiqua, quello dell'autogrill e di Gabriella Ferri, ma al contempo del tutto differente: un mondo in cui la microvariazione innescata dall'effetto farfalla si è radicalizzata al punto da alterarne completamente la morfologia. A proposito di Magritte: bellino l'Impero delle luci, ma imparagonabile al regno del Grana Padano, al sultanato della Coca Cola. Se l'Italia è luogo di santi, navigatori e poeti è perché questi santi, navigatori e poeti hanno seminato e il loro seme è germogliato: buon cibo, buon bere, una casa in riva al mare col morto e va' pensiero, sull'ali dorate, verso l'apocalisse. O forse il lockdown.
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