Zeugma n° 3

Ci sono due donne separate da uno split screen che nell'apparente tepore di un raffazzonato set di scena inscenano una conversazione fiume sul loro essere donne, artiste, streghe. Lampi di fuoco, un Christensen d'annata: Carl Theodor Torrini che si dice convinto che il vero e più autentico compito del cineasta sia quello di elevare la pellicola da forma d'intrattenimento di consumo a forma d'arte vera e propria. Chissà perché ancora si tende a dare tutta quest'importanza ad una distinzione tra supposto "alto" (l'arte incorruttibile, noumenica, in definitiva vera) e supposto "basso" (le robette fatte per vendere, che in quanto tali appartengono alla spazzatura della storia), distinzione che non esiste se non nella mente di chi la coltiva. Immagino che, come le medaglie per gli alti generali, la patente di incorruttibilità® sia prerequisito fondamentale per poter ambire all'iperuranio delle idee immortali: o forse è solo un pretesto in più per scopare. A tal proposito, ci sono due donne che parlano, ma in verità a parlare è solo una, torrenziale, una valanga autoalimentante di suoni dotati di significato, mentre l'altra perlopiù ascolta, non mutacica come la Ullmann del Persona bergmaniano, ma comunque limitata a qualche schermaglia conversazionale di ripiego, di cortesia. E quella che parla è matta, ma non matta, proprio matta, intendo, un'attrice scaduta con ipertrofiche manie di protagonismo che cerca di tirare i fili di un film inesistente, scombiccherato, dilettantesco. Beh, non che tutti possano fare tutto, no? Una donna nell'acqua galleggia o sprofonda: è femmina o strega. O forse entrambe. Ci sono tre croci, una per la Strega madre e le due laterali per le ladrone venute da oltreatlantico con i loro lamenti viziati - e il trucco no, e il nudo no, e il vestito no, e d'accordo che sul set non funziona niente, ma cosa dovrebbe dire la madre che non riesce nemmeno a parlare con suo figlio al telefono per più di una manciata di minuti, l'attrice appesa al legno e bombardata di flash verdi (Fedor), rossi (Rainer Werner), blu (Luis)? You killed your European son, you spit on those under twenty-one, but now your blue car's gone, you better say so long, hey hey hey, bye bye bye

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