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Visualizzazione dei post da febbraio, 2021

Zeugma n° 4

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  C'è una distesa innevata. Una lunga, lunghissima, sterminata distesa innevata, una lastra bianca che decompone i confini fra cielo e terra, che nasconde le cose - le cose che si vedono, perlomeno - ed annulla qualsiasi rumore esterno. C'è una macchina, raminga e solitaria, che sfreccia su una strada insolentemente dritta che taglia in due questa distesa innevata. E c'è un uomo, dentro questa macchina raminga e solitaria, che vaga non sapendo esattamente dove andare, o forse lo sa benissimo ed è questo che lo fa andare: andare a dispetto del tempo, del sonno, della stanchezza, di rettilinei tutti uguali e ugualmente desolanti. Finché si palesa un piccolo villaggio, una stazione di servizio lungo questo purgatorio gelato: un accrocchio di casette che diresti subito inquietanti ancor prima di scoprire che, come quelle irreali megalopoli cinesi costruite prima che qualcuno ci vada realmente ad abitare, recano in sé il marchio di un'assenza inaspettata, di un vuoto che em

Zeugma n° 3

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Ci sono due donne separate da uno split screen che nell'apparente tepore di un raffazzonato set di scena inscenano una conversazione fiume sul loro essere donne, artiste, streghe. Lampi di fuoco, un Christensen d'annata : Carl Theodor Torrini che si dice convinto che il vero e più autentico compito del cineasta sia quello di elevare la pellicola da forma d'intrattenimento di consumo a forma d'arte vera e propria. Chissà perché ancora si tende a dare tutta quest'importanza ad una distinzione tra supposto "alto" (l'arte incorruttibile, noumenica, in definitiva vera) e supposto "basso" (le robette fatte per vendere, che in quanto tali appartengono alla spazzatura della storia), distinzione che non esiste se non nella mente di chi la coltiva. Immagino che, come le medaglie per gli alti generali, la patente di incorruttibilità® sia prerequisito fondamentale per poter ambire all'iperuranio delle idee immortali: o forse è solo un pretesto in pi

Zeugma n° 2

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Ci sono tre donne che scrutano l'orizzonte: una giovane, una non più giovane, una che alla giovinezza può ormai guardare solo con il rimpianto di chi sa che il tempo, quantunque sia un costrutto filosofico, passa per non tornare più. Il loro sguardo è fisso, indecifrabile, perso su un orizzonte che è precluso allo sguardo dell'osservatore esterno. Al che viene spontaneo chiedersi: esiste ciò che non percepiamo? Esiste il mondo aldilà del nostro limitato e fallibile raggio d'azione, delle macchie di materia e dei corpuscoli di luce che per ineffabile casualità si trovano a cozzare nella portata del nostro nervo ottico in una combinazione del tutto aleatoria? Domanda forse oziosa. A chi o a che cosa rivolge il suo enigmatico sorrisino la Gioconda , sfinge impenetrabile di cui ancora non è chiara nemmeno l'identificazione? Nella Vocazione di san Matteo caravaggesca vediamo davvero tutto ciò che c'è da vedere, o nei coni d'ombra messi in plastico rilievo da una lu

Zeugma n° 1

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Ci sono lui e lei, impacciati, diversamente silenziosi, immersi in un dialogo senza punti cardinali di cui è difficile comprendere il senso generale, che si segue più per inerzia e lampi associazionistici che per reale coerenza interna. Non c'è niente di meglio di una tempesta di neve in aperta campagna, quella che gli anglofoni chiamano blizzard e i russofoni v'juga , per abbandonarsi ai propri pensieri, interrogare l'altro solo per sapere qualcosa in più su noi stessi - fisici, o forse poeti di versi altrui che nel tempo libero lavorano al proprio lavoro. Ci sono lui e lei, atomizzati e quasi separati da una sottile barriera di incomunicabilità, che vanno ad una cena: una cena lussuosa, certo, in una fattoria sepolta dal ghiaccio in cui vengono allevati maiali verminosi; una cena collettiva in cui dare risposte sbagliate a domande fuori luogo, risposte che cambiano di deissi allo svuotarsi di ogni bicchiere di vino. Ma l'unica cosa che potrebbe anche solo vagamente r