Peggio un ebook oggi
Voi che in questo momento state ascoltando in streaming la venticinquesima puntata de La Penultima Ruota del Carro, o che lo farete in differita riascoltando il podcast, state consumando dati. Lo state facendo anche se della venticinquesima puntata de La Penultima Ruota del Carro, in verità, non ve ne frega una mazza, com'è giusto che sia: cazzeggiando su Facebook, magari, piazzando like strategici su Instagram, scrollando l'homepage di Internazionale o di Pitchfork, caricando video su TikTok o guardandone su YouTube o, magari, spremendo la programmazione di Mubi come le zizze di una vecchia signora, magari di settantanove anni, e, insomma, la lista potrebbe potenzialmente andare avanti all'infinito. Dati nel vento è tutto ciò che siamo, parafrasando un vecchio singolo dei Kansas, e non certo da oggi, ma in un certo senso, da sempre.
Dell'impatto cognitivo destabilizzante che questo diluvio incontrollato di dati ha sulle nostre vite abbiamo già parlato in una rubrica dei mesi precedenti e, magari, in futuro torneremo a parlarne, da una prospettiva questa volta più scientifica (nel senso letterale del termine). Un altro aspetto che, tuttavia, a più di qualcuno sarà poco noto è l'impatto, anzi, per meglio dire, l'impronta ecologica dello scambio continuo di dati per tutto il mondo. L'inquinamento prodotto dalla trasmissione invisibile, per quanto più o meno celato alla vista, non è meno che devastante: non si tratta solamente dell'invasività fisica e tangibile dei cavi sotterranei e sottomarini che garantiscono la portata del flusso destabilizzando interi habitat, ma anche, e direi soprattutto, della spaventosa quantità di energia che richiedono i megaserver in cui sono ospitate le maggiori piattaforme digitali per funzionare a pieno regime, rispondere agli stimoli, raffreddarsi e via dicendo: senza poi mettere in conto l'energia consumata da ogni singolo dispositivo elettronico sul quale fruiamo dei suddetti dati per, a sua volta, rispondere in maniera ottimale agli stimoli, ricaricarsi e via dicendo. Credo che una stima seria non sia stata probabilmente mai fatta, ma appare abbastanza verosimile affermare che chiunque vi dica di leggere un ebook in più e un libro cartaceo in meno per salvaguardare l'ambiente, tanto per fare un esempio, o è un pirla in buona fede (ce ne sono tanti) oppure, più semplicemente, vi sta ingannando in maniera spregevole e mostruosa.
Il discorso è sempre lo stesso: un'attività umana a impatto zero non esiste. Ogni azione ha le sue conseguenze. Piantare un albero attraverso un'applicazione non vi farà sembrare più verdi e virtuosi di quella multinazionale che infila due foglie di insalata rinsecchita nel suo panino ipercalorico con carne estratta meccanicamente, facendovi con questo credere di aver rivoluzionato le vostre diete. Anzi, più si sente il bisogno impellente di affermare il contrario, più è alta la probabilità di avere qualcosa da nascondere.
Un consiglio bibliografico per approfondire il tema, di per sé piuttosto complesso: La terra, la storia e noi di Christophe Bonneuil e Jean-Baptiste Fressoz, uscito per la prima volta in traduzione italiana l'anno scorso per la Treccani Libri.
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