Controfattuale (13 a-c)

Meno male che Ramón Mercader, prima di scagliare con tutta la sua forza il piccone sulla nuca dell'incarnazione della Quarta Internazionale in residenza messicana coatta, fu preso da un crampo dolorosissimo alla mano destra che gli causò un'immediata ospedalizzazione e l'impietosa diagnosi di tendinite. Come aveva fatto uno dei più abili sicari stalinisti a sviluppare una così severa tendinite, chiederete voi? Beh, il fatto è che da qualche tempo Mercader si era incapricciato del flamenco e aveva cominciato a riprodurre ossessivamente alla chitarra classica, peraltro al doppio della velocità originaria, i complicati studi di Francisco Tárrega. Un hobby rischioso che, certo, gli aveva consentito di raggiungere una maestria tecnica sino a quel momento insuperabile, ma che al contempo gli aveva provocato quella potentissima infiammazione potenzialmente in grado di cambiare il corso della storia. Stalin, difatti, non la prese affatto bene (lui, peraltro, a cui il flamenco faceva già cagare e che preferiva di gran lunga le romanze georgiane) e per ripicca inviò un altro mercenario che, nei piani originari, avrebbe dovuto terminare l'esistenza terrena di Mercader prima ancora di quella di Trockij. Non ci fu tuttavia bisogno di azioni violente: a meno di quarantotto ore di distanza dal nefasto incidente, una forte tempesta estiva fece cadere un'enorme noce di cocco dal peso di 15 kg sulla tempia sinistra di Trockij, che stramazzò al suolo intonando l'Internazionale. Mercader ebbe tutto il tempo di riprendersi e ripiegare precipitosamente in Spagna, dove convinse la sorella a rifarsi una verginità borghese sposando con l'inganno Vittorio De Sica. Il resto lo sapete tutti.

Meno male che, senza alcun preavviso, giunse infine l'estate in cui tutti i vecchi del mondo smisero contemporaneamente di rimanere in casa durante le ore più calde del giorno, di tenersi idratati con almeno due litri d'acqua, di indossare vestiti leggeri e mangiare molta frutta e verdura. Boicottarono in tronco l'aria condizionata, provocando la fulminea disfatta militare dell'esercito russo; smisero di formare code infinite agli uffici postali e di occupare indebitamente sedili sui mezzi pubblici, saltando da una parte all'altra delle città come sotto effetto di benzedrina. E quando poi si scoprì che, effettivamente, quel nuovo dolcificante dietetico inviato dall'Unione Europea era davvero benzedrina e che si trattava di un subdolo piano di Strasburgo per renderli tossicodipendenti e alleggerire l'ormai imponente carico del welfare, nessuno riuscì davvero a stupirsi. Finalmente le prospettive di ciò che era desiderabile e ciò che sembrava moralmente giusto tornavano a coincidere senza sforzo alcuno.

Meno male che, all'ennesima impossibile richiesta dell'Imperatore dei Sette Mari Elon Musk di allungare la settimana lavorativa a 320 ore (di cui almeno 240 passate in ufficio), un timido impiegato fece notare, con voce fioca ma ferma, che in una settimana non c'erano nemmeno, 320 ore, e che l'unico motivo per cui Musk poteva arrogarsi questo assurdo diritto di fare imposizioni tanto radicali stava, in sostanza, nella fonte amorale del suo cannibalistico potere sociale, la cui colpa andava cercata nel (e ascritta al) capitalismo, anzi, al turbocapitalismo, anzi, all'ultima frontiera della disumanizzazione produttivocentrica. Erano parole potenti, nobili persino, ma caddero irrimediabilmente nel vuoto perché, in quello stesso istante, un commando di guerriglieri marxisti irruppe nel lussuoso salone da cui Musk e il suo entourage trasmettevano in mondovisione e li giustiziarono sommariamente. Com'è ingiusta a volte la storia: anche quando ti esponi nel dire e fare la cosa giusta, mai nessuno che ti caghi.

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