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Visualizzazione dei post da aprile, 2021

Zeugma n° 11

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C'è un colore, in natura, che da sempre viene associato a una duplice metafora dalla polarità opposta: per un verde speranza (ancora una volta, non il ministro ) o un semaforo verde che evoca lande di opportunità tutte da cogliere si rischia di diventare verdi dall'invidia, di finire corrosi da un'acrimonia verde bile e, rimuginando in solitaria un risentimento dietro l'altro, di concludere infine i propri giorni al verde. Verde è il colore per eccellenza del "soldo", quello che conta: il bigliettone sonante, non la monetina a fondo perduto. E a tal proposito: c'è una villa in cui il verde dollaro è impresso in ogni centimetro cubo, in maniera sfacciata ed impudente, classista ed arrogante. C'è una festa sontuosa organizzata in questa villa, una celebrazione in cui il gotha del potere occulto e dominante itera alla luce del sole il proprio privilegiato status quo . Questo finché, in un attimo di distrazione, un altro verde non comincia a zampillare, in

Zeugma n° 10

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C'è un ragazzo che come noi amava i Beatles e i rave illegali degli anni '90, che viveva in un presente eterno e al futuro pensava come si pensa a quella cambiale costosissima che hai firmato con l'illogica speranza (non il ministro ) che non arrivasse mai il giorno in cui saresti stato costretto a pagarla. C'è però un giorno in cui quel giorno arriva, e non è più tempo di reinventare un'esistenza, perché qualcuno l'ha già fatto al posto tuo: c'è un palmare su cui segnare gli spostamenti, una tabella virtuale da riempire con i risultati del giorno, una bottiglia in cui pisciare per non perdere secondi preziosi. Eccetera eccetera. Ci sono quelle storie che quasi non serve problematizzare e narrativizzare in un film, perché sono parte fondante e costitutiva del reale e come tali intimamente iperreali: odissee kafkiane che il cronista di turno sbeffeggia senza ritegno , lotte silenziosa dove il sintagma dostoevskijano "umiliati e offesi" assume finalm

Zeugma n° 9

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C'è una frase di Trockij che viene spesso citata nella vulgata popolare, oltre il contesto e i destinatari originali cui fu rivolta, per simboleggiare la rottura totale dell'evento della Rivoluzione bolscevica rispetto alla storia globale in cui si inseriva. È l'ultimo e più sublime atto di disprezzo del comandante in capo dell'Armata rossa verso il gruppo dei menscevichi che predica prudenza e compromesso nella delicata fase di transizione oltre il governo provvisorio di Kerenskij: la profezia, plumbea e minacciosa, che vede relegati i tatticisti nel posto che loro compete, quello della spazzatura della storia. Trockij, come tutte le figure messianiche, aveva torto. La spazzatura della storia è solo un alone di nebbia generato dal passaggio incessante dell'acqua di un fiume inpiena, superato il quale tutto torna come se niente fosse successo. Ogni istante, separato dalla sua storicizzazione, disconnesso dalla memoria che ne ha definito forma e carattere, viene così