La tempolinea del dottor Caligari


La vicinanza ideale di due feste importantissime e come tali ovviamente da tutti insultate come il 25 aprile e il 1° maggio, eccezionalmente omaggiate in diretta anche da noi penultimi (se per fortuna o sfortuna lo deciderete voi), ci permette di individuare con precisione il tipo umano che domina le narrazioni di questi tempi: il retromane reazionario. Permettetemi di circostanziare quest'etichetta con un esempio concreto, tratto dal mio recente passato: retromane reazionario è come quel mio vecchio amico che si vestiva solo con maglioncini a collo alto da poliziottesco settantiano (ve lo figurate? un Merli, o un Testi, per capirci) e che un giorno, mentre stavamo raccogliendo adesioni per un'occupazione da tenersi la settimana successiva (il tempo delle occupazioni scolastiche, ricordate), scese le scale che portavano all'ingresso della scuola con un gran sorriso stampato sul volto e il pugno sinistro sventolato in aria, affermando di non sentirsela proprio di uscire. Insomma: evviva il comunismo con le occupazioni degli altri.

Il retromane reazionario soffre, forse nemmeno per colpa sua, della sindrome del dottor Caligari - proprio il film muto di Wiene perculato nel dialogo tra Fantozzi e il professor Riccardelli. Egli, cioè, cerca continuamente di convincere il proprio interlocutore della bontà e della verosimiglianza del proprio punto di vista, del proprio presente (che è anche il proprio passato), senza accorgersi tuttavia di incarnare un modo di fare e di comportarsi che si pone esattamente all'opposto delle buone intenzioni. Ad esempio, il retromane reazionario esce sul balcone a cantare a pappagallo Bella Ciao, ma inorridisce se gli si fa notare che l'abolizione dell'articolo 18 è stato un crimine contro un secolo di lotte operaie (non dico sindacali per l'ovvia connivenza attiva di questi ultimi); ancora, si dichiara pronto a combattere ogni forma di povertà, ma guai a imporre patrimoniali o, addirittura, a sbagliare un congiuntivo in una conversazione (salutiamo qui la nostra amica Elena Stancanelli, pasionaria); sembra commuoversi al ricordo del nonno partigiano, ma plaude alle dichiarazioni "di buon senso" di Confindustria e, nel nome di un pluralismo che esiste solo nella sua testa, non perde tempo ad allinearsi alle politiche tutto spettacolo e spacconeria dei Renegade leghisti a salvaguardia delle proprie regioni; cita con commozione e imprecisione le autorità del socialismo terzomondista, poi però condivide anche i post schifosi dei Tosa, dei Delprete, dei Tommasi, e via dicendo.

L'unica cosa che separa il retromane reazionario dai Caligari è, semmai, che il primo, a differenza del secondo, non è né pazzo né schizofrenico: è, piuttosto, un figlio degenerato del suo tempo, del capitalismo etico e della green economy e di tutte le cazzate che gli sono state propinate nei decenni e che permettono lo scorporamento della forma dalla sostanza, il mantenimento di un simulacro vuoto dentro cui si nascondono tanti piccoli neoliberisti. Saranno proprio loro a parlare più forte di tutti ad apparente difesa del 1° maggio: parleranno dapprima di storia, poi della necessità di modernizzare, di guardare avanti, di abbracciare il cambiamento...

Sono nemici, nemici di sé stessi e degli altri. Il mio augurio, empatico e anche resiliente, giusto per usare una parola cara ai reazionari retromani, o ai retromani reazionari che dir si voglia, è che possa questo 1° maggio insufflare nelle loro zucche vuote un po' di autocoscienza.

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