Logico e paraconsistente
Sono dovuto andare a ricontrollare, perché chiaramente non ne ricordavo i dettagli, ma la sostanza sì: Matteo 5, 17-37, una veemente tirata di Cristo contro chi trasgredisce i precetti che garantiscono l'ingresso al regno dei cieli. Questo regno dei cieli parrebbe essere una destinazione imperdibile (anzi, come diceva un grande filosofo dei nostri tempi, destinazione paradiso città) se per entrarvi uno debba essere messo in condizione di amputarsi la mano, o deorbitarsi il bulbo, che volente o nolente si ponga in contrasto col grande obiettivo. Ad un certo punto Cristo, come Wittgenstein munito di attizzatoio di fronte ad un giovane Popper, sbraca di brutto ed intona il j'accuse definitivo: guai a chi giura sul Cielo e sul Re, o addirittura su sé stesso, perché, cito testualmente, "non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello". Questo porta ad una sola conclusione: il valore di verità di ogni enunciato prodotto da un individuo nel corso della propria vita deve essere sempre ed univocamente determinabile al di fuori delle condizioni del contesto di produzione e ricezione. La massima "sia il vostro parlare sì sì, no no", tuttavia, è ben più di un ordine autoritario: è un appello metafisico, che trascende la stessa natura umana. Tradotto in termini appena più raffinati, equivale a dire: che il vostro messaggio verbale non sia parsabile in altri modi che non siano quelli composizionali, che non vi siano né ellissi, né implicature, né sottintesi o addirittura ambiguità. Ma questo è fondamentalmente impossibile, per almeno due ragioni.
La prima è di carattere tecnico: l'ambiguità è una caratteristica ontologica profondamente radicata nel linguaggio umano, una costante che rende il significato quello che è. Pensate che un rinomatissimo filosofo come Grice ci ha scritto sopra un articolo influentissimo nella seconda metà degli anni '50, intitolato per l'appunto Meaning, la cui tesi principale è che nella componente di interpretazione semantica di ogni enunciato vi siano l'intenzione del parlante di produrre un effetto di riconoscimento nel suo ascoltatore e l'inclusione di questo riconoscimento nelle conditiones sine qua non per la produzione dello stesso enunciato. Senza intendere più di quel che si dice, insomma, non si va da nessuna parte.
C'è poi una ragione morale: l'uomo è un animale sociale bugiardo, che coscientemente sceglie la via della menzogna ai fini della pura sopravvivenza. Ogni volta che cerchiamo di allineare uno stato di cose esterno alla nostra volontà compiamo una scelta: la scelta della menzogna, nel caso un fattore entri in contrasto con l'altro. Persino il principio di non contraddizione, uno dei pilastri teorici della logica classica, per cui si afferma di una proposizione p che non può essere x p ∧ ¬x (x e non x) allo stesso tempo, è stato scardinato dall'avvento della logica paraconsistente, in cui è ammesso un certo grado di contraddizione, nella misura in cui questa contraddizione permetta di non contrassegnare ogni enunciato con un valore di verità positivo e non conduca il sistema formale al collasso.
Deve ancora venire il mondo in cui, come il Jared Leto di Mr. Nobody, salgo sul treno con mia madre e rimango al contempo con mio padre, mi sposo con Anna e conduco un'infelice vita coniugale con Elise: un mondo in cui sono qui e lì, in cui ordino salmone con patate in un ristorante di classe o un piatto di spiedini in una grilleria malfamata. Non posso invertire il tempo, ma posso farvelo credere, a patto che voi ci crediate. Forse quella volta Cristo non aveva capito che, parafrasando il Michael Caine del Prestige nolaniano, per ingannare qualcuno, e nascondere qualcosa di più o di diverso dietro il "sì sì, no no", bisogna che esista qualcuno disposto a farsi ingannare.
È questo il vero motivo per cui nessuno di noi entrerà nel regno dei cieli.
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