Qualche haiku di contorno


Haiku n° 1: Volete prendere per il culo qualcuno? È presto detto: individuate la categoria e sparate due o tre parole chiave generaliste nei motori di ricerca di Facebook. Se ce l'avete con zio Lucio che condivideva i meme sui marò e ha avuto un'ossessione totalizzante di 72 ore per la veste di Silvia Romano, potete invocare l'abolizione del suffragio universale (che, naturalmente, a voi non tocca). Se, come comprensibile, prendereste a testate quelli che fanno screen su screen ad ogni minima replica ai tweet di Salvini e Meloni, beh, da "professione reporter" a "professione mitomane" è un attimo. L'uso del superlativo nei gruppi di cinema vi fa inorridire? Il cinéfilo è qui per voi. Quelli più variopinti, poi, possono addirittura partecipare alle fasi eliminatorie della Pippo Cup. Ma a noi, chi ci prenderà per il culo? Il neo-con più affascinante della sua generazione, Houellebecq, sosteneva che a forza di banalizzare e satirizzare tutto l'intelligencija francese degli anni '80 ha spalancato il vaso di Pandora per i rigurgiti fondamentalisti e anti-razionalisti dei decenni successivi. Noi, a tal proposito, dove ci poniamo?

Haiku n° 2: Gianrico Carofiglio, che non è un personaggio di Finnegans' Wake ma un uomo in carne ed ossa della stirpe dei Carofiglio cui sua madre ha deciso di apporre il nome "Gianrico", ha dichiarato, cito, che la pandemia gli ha fatto capire finalmente l'importanza di non commentare ogni singolo avvenimento della microstoria umana in cui si trova ad essere immerso, onde evitare di dire banalità o cose inesatte. Perché ci sia voluto il Covid per un'intuizione del genere mi è, francamente, ignoto. È da quando abbiamo confuso tra loro i concetti di "libertà di opinione" e "narcisismo mediatico" che chi preferisce non far sapere al mondo ogni suo più piccolo pensiero viene tacciato di autocensura - autocensura, che, naturalmente, esiste, ma viene a sua volta chiamata politicamente corretto. Proprio per questo io sono il dr. Blaster, ma potete anche chiamarmi Marusio Megalodonte.

Haiku n° 3: Sono stato invitato ad unirmi al gruppo Facebook di R2020, un - come definirlo? movimento? gruppo libero? unione di teste pensanti e cuori pulsanti? - sicuramente non "partito", anche se, ohibò, ha un suo programma ideologico, anzi, post-ideologico, leggendo il quale trasalisco: si parla infatti di lotta alla povertà, difesa degli ecosistemi, ritorno all'etica di un lavoro oltre-capitalista, insomma, mi giro e mi pare di rivedere José Bové, Vandana Shiva, Rigoberta Menchú Tum, tutti assieme. Mi insospettisco, perché non solo non ho mai sentito nominare qualcosa di così organico a sinistra, oltre a PaP e alla rete dei disobbedienti (non che debba averne sentito parlare per forza, ma nella nostra bolla le notizie corrono velocemente...), ma anche perché, mutatis mutandis, questo insieme di singole cose giuste e sacrosante mi ricorda un po' Rivoluzione Civile. Ed infatti, animatori di questa cosa sono gli indefessi no-vax complottari ex M5S, tipi umani che erano riusciti a mettere in difficoltà persino il grillino medio. A Burioni e Mentana, per inciso, sparerei alle gambe, per motivi diversi che esulano dall'haiku in questione, ma se l'alternativa deve essere questa... Non dico che voglio arrivare a sapere cosa si nasconda sotto il turbante di Emma Bonino, ma insomma.

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