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Controfattuale (25 a-c)

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Meno male che, una volta catturato l'orso killer che si era apparentemente reso responsabile di cinquecentonove aggressioni in dodici giorni nelle foreste di conifere attorno a Milano, ci si rese conto, in realtà, che si trattava di Carlo Calenda con indosso un costume approntato da Sergio Stivaletti e che gli attacchi alle sventurate vittime erano stati degli stunt che avrebbero fatto parte integrante del film-evento dell'anno, il ritorno dietro la macchina da presa di Dario Argento dopo uno iato di quarantadue anni. Calenda aveva accettato di prestarsi all'operazione perché, nel più grande piano architettato in segreto nella sua testa, voleva mettere in rilievo l'assoluta inefficienza delle politiche di sicurezza del governo guidato da Giancarlo Magalli, discreditandone con questo la linea politica e rilanciando il proprio movimento centrista. L'imprevisto era tuttavia dietro l'angolo: sette delle cinquecentonove aggressioni ricostruite sul set finirono effett

Controfattuale (24 a-c)

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Meno male che quel giovane promoter di sinistra, alla ricerca di nomi freschi e papabili per il festival estivo dell'organizzazione non governativa di cui faceva parte ancor prima della sua nascita, ebbe l'idea malsana di contattare in privato su Telegram Cristina Gauri, che il povero sventurato conosceva ancora con il vecchio alter ego di Miss Violetta Beauregarde e che, a sua insaputa, era ormai diventata da anni l'ancella del focolare di CasaPound. Pensando forse di omaggiare le strategie di cortesia negativa di Brown e Levinson, il giovane promoter azzardò un approccio cauto al soggetto, utilizzando la forma allocutiva di cortesia più diffusa nel mondo occidentale. Non aveva tuttavia fatto i conti con il fatto che l'Occidente, come benissimo sa chi ha assistito ad almeno due minuti di propaganda ideologica del Grande Fratello di Confindustria Emanuele Severino, era morto; bisognava pertanto tornare all'universo contadino, al sacro disvelato, ai rapporti zoofili

Controfattuale (23 a-c)

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  Meno male che, durante i lavori per la costruzione del Ponte sullo Stretto, ci si rese conto che il tratto di mare che separava Messina da Reggio Calabria appariva infinitesimale solo per uno scherzo di prospettiva, quando in realtà le due città distavano tra loro in linea d'aria circa 716 km e, per congiungerle, ci sarebbe voluta un'opera architettonica di proporzioni gargantuesche, una piattaforma spaziale in vetrocemento capace di resistere ad ogni agente atmosferico e al movimento contemporaneo di almeno quattordici placche tettoniche. Dal momento, tuttavia, che per il progetto erano già stati stanziati sedicimila miliardi di euro, un tentativo venne comunque fatto, ma il tutto - come noto - si concluse tragicamente quando un operaio di Gela, fumando una sigaretta nell'unica pausa di due minuti e mezzo del suo turno di diciannove ore giornaliere, diede inavvertitamente fuoco al cantiere, scatenando un incendio devastante che ridusse in cenere metà del rimanente patrim

Controfattuale (22 a-c)

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Meno male che, al discorsetto di accettazione per l'Oscar alla carriera, a Paolo Sorrentino scappò una gigantesca scorreggia sul palco, che in nessun modo – questo va detto – provò a dissimulare, né tantomeno attribuire ad altri. La reazione del pubblico in sala fu polarizzante. L'ala sinistra, nella quale troneggiava lo splendido centoventicinquenne Morgan Freeman, rimase estasiata dalla plasticità performativa del gesto, arrivando a considerarlo il trait d'union più solido con la tradizione dell'onirismo folkloristico felliniano e apprezzando l'audacia di inserire in una cornice metadiscorsiva una semplice formalità di costume. L'ala destra, aizzata dal pimpante duecentosedicenne Steven Spielberg, gridò invece allo scandalo, interrogandosi sull'effettiva opportunità di conferire un premio ad un maledettissimo gaglioffo partenopeo incapace di esercitare il benché minimo controllo sui propri sfinteri. Le cronache tramandano che Sorrentino, la sera prima, si

Controfattuale (21 a-b)

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Meno male che nel 2130, quando l'archeofonosimbolista Giurgianno Del Magueiros bollò tutte le interiezioni della lingua italiana come espressione della volontà criptopatriarcale della precedente società turbocapitalista, i biografi di Vasco Rossi si trovarono nell'immenso imbarazzo di dover riscrivere da capo il corpus del loro maestro. Si distinsero, a tal proposito, due distinte scuole di pensiero. La prima, più radicale e barricadera, era pronta a sacrificare sull'altare dell'indicibile il verbo del fu rocker di Zocca. L'altra, più trafficona e accomodante, si stava già adoperando per delineare i fondamenti di una complessa teoria linguistica che ne avrebbe retroattivamente riabilitato l'abuso non vero-funzionale di fonemi disarticolati. L'ago della bilancia pendette definitivamente verso la prima fazione quando lo stesso Del Magueiros fece astutamente notare che, non avendo il Blasco l'abitudine quotidiana di sciacquare i propri panni alle fonti di q

Controfattuale (20 a-c)

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Meno male che quella volta, durante un'estenuante partita a Pictionary disputata in campo neutro in un arco di tempo di otto ore e mezzo, il Professor Ritmo ebbe l'intuizione di chiedere ad uno dei partecipanti, un tizio taciturno che fino a quel momento se n'era sempre stato per i fatti suoi, di rispondere con sincerità a tre precise domande target: chi fosse il suo evangelista preferito, quale fosse la città più bella che avesse mai visitato e di che cosa avrebbe avuto più bisogno in quel momento. La leggenda narra che l'uomo lo fissò negli occhi per almeno dieci minuti e poi, solo quando il silenzio era già da tempo calato nella stanza, finalmente si decise a rispondere: "Luca Cordero di Montezemolo". Nessuno sentì in fondo il bisogno di chiedere cosa fosse quel "Montezemolo" di cui l'uomo misterioso sembrava aver bisogno, né, d'altro canto, obiettare sul fatto che non esistesse nessuna località denominata "Cordero": quantomeno i

Controfattuale (19 a-c)

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Meno male che quella volta Berlusconi, stanco dell'ennesima insinuazione giornalistica a sfondo sessuale nei suoi confronti, si affrettò a chiarire, una volta per tutte, quello che la stampa italiana aveva da sempre male interpretato delle sue dichiarazioni. L'ultima in ordine di tempo, ad esempio, era stata la battuta rivolta ai giocatori del Monza in tenuta d'allenamento, a cui però era stato promesso un "pullman di noie" nel caso non avessero conquistato la salvezza - tipica metafora meneghina dei tardi anni '50. Ancora, la barzelletta su Rosy Bindi giocava sulla sua somiglianza con "Padre Pio", mica altro, e la nipote di Mubarak, quella non era mai esistita: si trattava, tutt'al più, di un riferimento cifrato all'amico Obama. Ma come uscire dal tunnel delle incomprensioni, se il ruolo che ti tocca recitare nel teatro della vita è quello della vittima sacrificale? Una possibile risposta non può essere affrontata nello spazio limitato di qu